COMUNICATO STAMPA

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Il 28 e il 29 ottobre si è tenuto online il primo convegno internazionale sulle condizioni PIK3CA-correlate, che ha riunito sulla stessa piattaforma i massimi esperti a livello internazionale (ricercatori e clinici) di questo gruppo di malattie rare, pazienti e caregiver e giovani ricercatori.

Il convegno è stato promosso dall’associazione di pazienti statunitense Cloves Syndrome Community nell’ambito del programma Rare as One della Chan Zuckerberg Initiative, che ha lo scopo di accelerare la ricerca nelle malattie rare attraverso reti collaborative multistakeholder.

Alla sua organizzazione hanno contribuito anche altre associazioni che nel mondo si occupano di queste condizioni, tra cui AIMP, l’associazione che in Italia fornisce supporto a questi pazienti e familiari.

Il meeting ha offerto ai partecipanti presentazioni di altissimo livello nel corso di 4 sessioni: ricerca di base, diagnosi e storia naturale, ricerca pre-clinica e infine trattamenti e innovazione. Ma, grazie ai poster e ai video preparati con la collaborazione delle associazioni di pazienti, i partecipanti hanno avuto anche la possibilità di leggere e ascoltare storie vere di pazienti e caregiver e rendersi conto di cosa significhi davvero convivere ogni giorno con una condizione PIK3CA-correlata. I ricercatori hanno cioè potuto vedere le persone dietro la loro scienza e ascoltare storie simili per certi versi, perché accomunate dalla rarità, eppure anche diverse per l’eterogeneità dei quadri clinici.

Infatti uno dei temi emersi dal convegno è stato proprio quello della complessità a tutti i livelli che caratterizza queste condizioni.

Sebbene nel 2012 si sia finalmente identificata la causa molecolare di questi quadri clinici, e cioè mutazioni somatiche a guadagno di funzione nel gene PIK3CA, e quindi si possa di fatto parlare di malattie monogeniche, questo non rende più semplice e immediata la comprensione dei meccanismi cellulari che si instaurano con l’iperattivazione di questo pathway e di come si sviluppano i quadri malformativi associati.

Qual è la relazione tra genotipo e fenotipo? Come influisce il timing delle mutazioni sul quadro clinico risultante? Qual è il ruolo del contesto in cui si verifica una mutazione inteso come specifico tipo cellulare coinvolto?  Perché alcuni pazienti rispondono meglio di altri alle terapie? Qual è l’effettivo rischio tumorale dei pazienti e di conseguenza il corretto programma di screening? Quali strategie terapeutiche intraprendere nel singolo paziente? Qual è la durata ottimale del trattamento e quali possono essere gli effetti indesiderati nel lungo periodo?

Solo una ricerca di base rigorosa, trasparente, aperta, collaborativa e mirata a cogliere la complessità potrà essere il punto di partenza ma anche di ritorno di ricerche traslazionali, non cliniche e cliniche, in un circolo virtuoso non unidirezionale che potrà dare una risposta più esaustiva a queste e altre domande ancora aperte.

Quello che è certo è che la clinica e la genetica da sole non bastano più. Il futuro è negli approcci teranostici, dove il test molecolare ha l’importantissimo ruolo di confermare la diagnosi e di indirizzare la scelta della corretta terapia farmacologica ma dove non si può prescindere dalla clinica per un corretto inquadramento delle specifiche problematiche del singolo paziente, vista l’estrema eterogeneità dei quadri clinici che possono derivare da mutazioni nello stesso gene.

Una adeguata presa in carico non può inoltre prescindere dall’expertise, dalla multidisciplinarietà e dalla combinazione degli approcci terapeutici, soprattutto nei quadri più complicati con un interessamento più generalizzato.

Come discusso nel panel finale dedicato a sfide e opportunità, tuttavia, la ricerca nelle malattie rare si scontra con la problematica di reperire risorse economiche adeguate, da una parte per la rigidità che spesso caratterizza i bandi istituzionali e dall’altra per la difficoltà da parte di soggetti erogatori e finanziatori di percepirne il valore non solo intrinseco ma anche a beneficio di malattie più diffuse. Come meravigliosamente espresso da Francesca Pasinelli, Direttore generale della Fondazione Telethon, durante il Secondo Incontro delle Associazioni in Rete e dei Coordinatori di Fondazione Telethon tenutosi online dal 21 al 23 ottobre scorsi, la ricerca non ha infatti confini né di nazione né di malattia e le malattie rare possono rappresentare un perfetto volano, un incubatore, un banco di prova per scoperte che vanno a beneficio di tutta la collettività.

Compito delle associazioni di pazienti è sicuramente quello di far comprendere l’importanza della ricerca nelle malattie rare e di direzionarla, affinché sia il più possibile rispondente ai bisogni delle persone con malattia rara, ma anche quello di sostenere una ricerca che sia eccellente, meritevole, rigorosa dal punto di vista metodologico, comunicata in modo trasparente e onesto, collaborativa e aperta.

Cosa sono le condizioni PIK3CA-correlate. Sono un gruppo eterogeneo – sia per gravità e grado di compromissione funzionale sia per tipo e numero di tessuti e organi coinvolti – di condizioni/sindromi rare caratterizzate da accrescimento eccessivo asimmetrico di uno o più distretti corporei e/o anomalie vascolari e che fino al 2012 erano considerate come entità separate e diagnosticate esclusivamente sulla base del quadro clinico. Grazie al Next Generation Sequencing (NGS), si è identificata la causa genetica di queste condizioni, e cioè un gruppo di mutazioni somatiche a guadagno di funzione nel gene PIK3CA, che fanno sì che una proteina che ha un ruolo chiave nei processi di crescita della cellula e che è implicata in molti tumori funzioni più del dovuto. Nei casi più gravi, le condizioni PIK3CA-correlate possono associarsi a ritardo mentale anche grave e a complicanze potenzialmente fatali.

Chi siamo. L’Associazione Italiana Macrodattilia e PROS (AIMP) è un’Associazione di Promozione Sociale nata nel 2017, che offre supporto e formazione alle persone con PROS e alle loro famiglie. Lavoriamo per sostenere la ricerca in questa area patologica ancora poco conosciuta, collaborando con centri clinici, ricercatori e associazioni di pazienti di tutto il mondo. L’obiettivo è aumentare le conoscenze sulla storia naturale dello spettro, e migliorare i percorsi di diagnosi e la presa in carico e il trattamento dei pazienti.

UFFICIO STAMPA

Daniele Urso

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